giovedì 15 ottobre 2009

Perché le primarie non risultino secondarie

La proposta di Eugenio Scalfari (nella foto) (che tra l'altro è il rilancio di un'idea di Franco Marini avanzata qualche mese fa) ci trova abbastanza d'accordo: alle primarie del 25 ottobre per eleggere il nuovo Segretario PD, vince il candidato che ottiene più voti, anche se non supera la soglia del 50% delle preferenze (come prevede invece il pluricriticato Statuto del Pd).
A Dario Franceschini l'idea piace: "Sono d'accordo con Scalfari, una volta che chiamiamo al voto centinaia di migliaia di persone, se alla sera del 25 ottobre risulta che nessuno dei candidati ha il 50%, ma ha magari il 48 o il 47%, non posiamo dire loro 'scusate per il disturbo, non decidete piu' voi, decidono i mille membri dell'assemblea".
E pure a Pierluigi Bersani: "E' chiaro che ogni delegato ha diritto ad invocare le regole dello statuto e non è che tre candidati possono cambiare le regole. Se, invece, parliamo di politica, non c'è dubbio che per quanto mi riguarda sono orientato a riconoscere la vittoria di chi prende un voto in più alle primarie".
Ma non a Ignazio Marino: "Cambiare le regole delle primarie a meta' partita ricorda più le politiche di Palazzo che quelle del Pd che vorrei. Viene il sospetto che l'entusiasmo con cui Bersani e Franceschini hanno avanzato l'idea sia figlio di una logica di accordo sotterraneo fra pochi per scavalcare la democrazia dei tanti. Io non ci sto. Vinca il migliore".
Quindi tutto rimane invariato.
Peccato.