Nel giorno in cui è morto il povero Morosini, a Piacenza un suo collega di un campionato dilettante è stato salvato da un infarto in campo grazie al pronto intervento con un defibrillatore.
Posto che, come affermano i medici, il defibrillatore era comunque inutile nel caso di Morosini, questi 2 fatti ci mettono di fronte però ad un'inquietante analogia: quella che esiste tra il sistema calcio e quello Paese.
Abbiamo infatti uno sport ricco, con gente strapagata, dove circolano e vengono spesi milioni di euro, spesso con incredibili sprechi o comunque con poca programmazione o strategia, con la conseguenza di enormi debiti. Personaggi, spesso discutibili e con dubbie capacità, messi ai vertici a dirigere. Di contro, ci sono carenze in settori fondamentali come i vivai (anche qui i giovani sono penalizzati), nelle strutture (stadi fatiscenti), nei servizi di prima necessità (sia ordinaria che di emergenza, come i defibrillatori, perché Piacenza pare sia un'eccezione ad una triste regola). Per non parlare della mancanza di responsabilità di chi comanda, che porta a mettere davanti i propri interessi davanti a quelli della collettività.
Una situazione che rispecchia quello che attualmente avviene anche a livello politico ed economico. Anche perché la classe dirigente è sempre la stessa in tutti i casi.