Leggiamo dal "Post" un articolo dedicato alla discussa frase che Bersani avrebbe rivolto al ministro Gelmini nel suo discorso all'Assemblea Nazionale del PD.
Secondo alcuni analisti, dietro questa invettiva ci sarebbe una vera e propria strategia: parlare come si fa al bar, «sennò la gente non ci capisce».
A dir la verità, in questi ultimi anni gestacci, insulti e parolacce sembrano andare di moda tra i politici: dal recente "vada a farsi fottere" di D'Alema, allo "stronzo" di Fini, ai "coglioni" di Berlusconi", al dito medio di Bossi, e via di questo passo.
Avevamo già sollevato qualche mese fa la questione di quello riteniamo una sorta di degrado, che ci piace davvero poco. E sinceramente non crediamo sia dovuto al fatto che i politici "vogliano farsi capire", né che sia sufficiente il turpiloquio per "farsi sentire vicino alla gente". Se così fosse, sarebbe totalmente sbagliato: i politici non devono seguire gli umori della massa, ma semmai indicare loro modelli ed esempi da seguire. E' loro precisa responsabilità.
Per questo crediamo (o comunque, speriamo) che l'incidente occorso a Bersani (per quanto riprovevole) sia dovuto più che altro alla foga del discorso, o, se voluto, per meglio evidenziare l'esasperazione degli insegnanti italiani e non per insultare.
Ad ogni modo, sull'episodio è stato fatto un parallelismo con gli insulti rivolti da Berlusconi a Rosy Bindi (tirata tra l'altro in ballo per l'occasione). Ecco, c'è una bella differenza: quello di Berlusconi fu infatti un attacco gratuito e diretto alla persona, mentre invece Bersani ha rivolto una critica (seppure aspra e colorita) alla "riforma" deleteria del ministro dell'Istruzione. Riforma che, ricordiamo, non solo sta creando gravi difficoltà ai docenti, ma anche alle famiglie, come ad esempio con i tagli al "tempo pieno": e questi sono fatti, non le solite "balle" (eufemismo giusto per stare in argomento con il post) della Gelmini.