domenica 22 novembre 2009

Dal politichese al politighese

Una volta ai politici si rimproverava un linguaggio troppo ermetico, spesso incomprensibile (il famoso "politichese"). Di recente, invece, i nostri politici ci appaiono troppo espliciti nei termini utilizzati, soprattutto quando si attacca l'avversario. Lo "stronzo" citato ieri da Fini è l'ultimo esempio di una lunga serie che va dal dito di Bossi ai "coglioni" di Berlusconi. La parolaccia sembra ormai divenuta parte integrante di ogni intervento. Ed è difficile assistere a confronti civili (soprattutto in TV) senza urla o voci sovrapposte ad arte per interrompere chi sta parlando.
Non siamo certo per i compromessi o per un ipocrita "volemose bene" a tutti i costi, ma ci dà fastidio questa politica urlata e volgare. La dichiarazione di Fini l'accettiamo per la sostanza, ma non per la forma: lo stesso concetto poteva essere espresso con termini meno coloriti (tenendo conto poi che di fronte c'erano dei ragazzini). Il problema di questo imbarbarimento è credere che urlare, fare gestacci, dire sconcezze, avvicini alla gente: il famoso "parlare alla pancia delle persone", una strategia attribuibile senz'altro alla Lega, e che a quanto pare, forse sull'onda dei suoi successi, sta facendo proseliti anche nelle altre forze politiche. Quindi, seguendo la deriva della Lega, si litiga e si insulta in maniera provocatoria: chiamiamolo perciò "politighese" questo nuovo linguaggio adottato.
Noi invece crediamo che sia giusto farsi capire dalla gente, parlando in modo comprensibile, dicendo "pane al pane e vino al vino" (per usare un eufemismo), ma che lo si debba fare in maniera civile e corretta, rispettando decoro ed educazione. E soprattutto le altrui persone.
La politica ha grosse responsabilità e, oltre che amministrare il bene pubblico, deve svolgere funzioni di guida ed esempio.
Anche perché, alla fine, questa ricerca smodata verso la provocazione finirà per stancare, e la gente prima o poi si accorgerà che altro non è che un modo per nascondere la mancanza di contenuti.
L'invito che rivolgiamo è quindi di moderarsi e provare a parlare piuttosto alla testa ed al cuore della gente: la pancia serve ad altro. E ultimamente, in questo periodo, tante pance sono vuote, e non saranno certo le parole (o parolacce) a riempirle.