martedì 29 novembre 2011

Libertà di morire

Lucio Magri, storico esponente della sinistra italiana e fondatore del "Manifesto", ha deciso di morire, scegliendo il "suicidio assistito" in Svizzera, dove questa pratica è legale, ma viene attuata solo dietro la presentazione di una documentazione clinica che provi la gravità del proprio stato, sia esso fisico o psichiatrico. Magri soffriva di una depressione grave e conclamata. E come lui, ci sono altri 30 italiani malati di Sla, di cancro, di sclerosi multipla che hanno fatto la stessa scelta.
Il caso ha riaperto il dibattito sul testamento biologico qui in Italia, scoppiato in occasione delle vicende di Eluana Englaro, Piergiorgio Welby e Luca Coscioni. Ed è stata proprio Antonietta Coscioni (parlamentare radicale e presidente onoraria dell'associazione che porta il nome di suo marito, morto di Sla) a rilasciare una nota a riguardo: "Spero, voglio sperare che la vicenda umanissima di Lucio Magri, che ha deciso di non soffrire più, e ha posto fine al suo dolore, sia di ammonimento e insegnamento. Per porre fine al suo dolore, Magri ha dovuto 'emigrare', un viaggio con un biglietto di sola andata, in Svizzera. Questo perché viviamo in un paese dove vige una regola ipocrita, quella del 'si fa ma non si deve dire".
Di contro, ha replicato Gaetano Quagliariello, vicepresidente vicario dei senatori Pdl: "Non entro nelle scelte personali, ma non è possibile pretendere che scelte personali, che ritengo in contrasto con il diritto naturale, le compia lo Stato".
Una cosa è certa: la legge a riguardo (votata dal governo Berlusconi-Bossi) vigente qui in Italia è troppo vincolante. Tanto che, oltre al PD, anche alcuni esponenti politici cattolici e del centrodestra erano contrari. E anche Umberto Bossi, nonostante abbia votato a favore, riserverebbe qualche critica.