Mentre molte aziende italiane vengono travolte dalla crisi e sono spesso costrette a chiudere, quelle cinesi presenti in Italia proliferano.
Uno studio della Cgia di Mestre riporta infatti che le imprese cinesi alla fine dello scorso anno hanno superato la soglia delle 54mila unità, con una crescita rispetto al 2009 dell'8,5%, mentre le imprese italiane sono diminuite dello 0,4%.
E oltre a questo, vi sono aziende italiane guidate da imprenditori cinesi, che stanno crescendo in maniera esponenziale: tra il 2002 e il 2010 la loro presenza nella nostra penisola è cresciuta del 150,7%.
Una presenza ed una crescita che creano diversi problemi alla filiera delle nostre aziende, in virtù soprattutto di una concorrenza sleale, poiché le attività cinesi spesso non rispettano obblighi fiscali e contributivi e le norme relative alla sicurezza e ai diritti dei lavoratori. Anche perché molte di queste imprese risultano totalmente sconosciute al fisco. Non che comunque alcune aziende italiane da questo punto di vista siano cristalline...
Il problema incide, tra l'altro, in particolar modo al Nord, dato che il maggior numero di imprenditori cinesi si trova in Lombardia (10.998), Toscana (10.503) e Veneto (6.343).
Più di un anno fa era stata approvata una legge per la protezione dei prodotti "made in Italy", ma osservando questi dati forse sarebbe il caso di pensare a provvedimenti per salvaguardare le aziende italiane: magari intensificando i controlli, o facendo delle verifiche incrociate. O, una volta scoperte, sanzionando pesantemente non solo le aziende cinesi non regolari, ma anche i loro committenti italiani, che ben conoscono la situazione e ne traggono pure loro enormi vantaggi.