lunedì 27 dicembre 2010

Il nuovo modello Fiat

Raggiunto l'accordo a Mirafiori tra Fiat ed i sindacati Cisl e Uil. Esclusa la Fiom: brutto segnale, tenuto conto della forte rappresentanza di questo sindacato. E spiace davvero vedere i sindacati divisi in un momento di estrema crisi come questo.
Se sintetizziamo questo accordo in "meno pause e più straordinari", ci poniamo di fronte a diverse (e forti) contraddizioni. Tenuto conto che il momento di crisi economica pone effettivamente la necessità di cambiamenti e nuove regole all'interno dell'industria, in termini di relazioni sindacali e contrattuali, non si può certo fare ricadere il peso di tutto questo sulle spalle dei lavoratori. Sulle strategie di Marchionne abbiamo già espresso più di un dubbio. E non pensiamo certo che saranno i "10 minuti di pausa" in meno o in più a risollevare le sorti dell'industria italiana.
La prima cosa da fare sarebbe diminuire la distanza tra stipendi dei dipendenti e compensi dei manager: la sperequazione non solo è troppo alta dagli standard degli altri Paesi UE, ma pure ingiustificata.
Pare anche piuttosto paradossale poi, da parte di Marchionne, impegnarsi per importare in Italia un modello industriale americano anziché pensare a rendere forte il marchio Fiat progettando nuovi modelli da esportare, puntando verso nuove fasce di mercato: sono ormai anni che Fiat non lancia nuovi modelli, accumulando così un forte ritardo rispetto ai suoi concorrenti che sarà difficile colmare.
Contraddittorio poi è l'annuncio di ricorrere a turni di straordinari, quando il mercato auto è in netta flessione in tutta Europa, e con Fiat in particolare (ed il ricorso continuo alla cassa integrazione ne è la conferma).
Siamo anche curiosi di vedere come le nuove regole imposte da Marchionne andranno ad impattarsi con i nuovi provvedimenti annunciati in termini di obbligo da parte delle aziende di valutare lo stress sul lavoro.
Da tutto questo non intravvediamo sviluppi positivi: oltre ad una parte del sindacato, anche Confindustria è stata delegittimata, e la cosa potrà creare parecchi scompensi nelle relazioni industriali e contrattuali, portando un notevole passo indietro.
Inoltre, da una parte vengono pretesi sacrifici alle rappresentanze e concessioni dalle istituzioni, a fronte però della mancanza di un piano ("Fabbrica Italia" per ora è solo una sigla) e di investimenti (solo circa 2 miliardi di euro sui 20 annunciati).
In pratica, un sistema su misura che l'azienda Fiat ha fatto su se stessa. E ancora una volta l'Italia sembra andare incontro ai voleri di un'azienda che, checché ne dica Marchionne, dal nostro Paese ha sempre tratto enormi vantaggi (al punto di essere monopolista) ed ha ricevuto così tanto che oggi può competere (a livello di marchi) in Europa e nel mondo. Anche se effettivamente vi è stata da parte di questo governo una mancanza assoluta di una politica per l'auto.