Continua la querelle tra Roberto Saviano ed il ministro Roberto Maroni, che si è risentito per le parole (a suo dire infamanti) dello scrittore nel suo intervento alla trasmissione "Vieni via con me". In quell'occasione Saviano ha accusato la Lega di stare in silenzio di fronte alle infiltrazioni mafiose al Nord, e, addirittura, di interloquire.
Su un fatto l'autore di "Gomorra" ha ragione: l'economia del Nord, ed in particolare della Lombardia, è sempre più in mano a mafia e 'ndrangheta, con un sistema ormai capillare che coinvolge ogni livello dell'imprenditoria e della politica.
Quanto alla Lega, gli amministratori padani (i sindaci in primis), sembrano più attenti a contrastare mendicanti ed extracomunitari (la cui sola colpa a volte è magari SOLO di non essere in regola con il permesso di soggiorno), quanto piuttosto di tenere sotto controllo situazioni ben più scabrose (come, appunto, la presenza negli appalti di cosche, oppure verificare la sicurezza sui posti di lavoro e nei cantieri, o i danni ambientali recati al territorio). Insomma: la priorità è contrastare e spargere la paura verso gli stranieri e gli emarginati, mentre la lotta contro i racket passa in secondo piano. D'altra parte, è emblematica la dichiarazione (in una puntata della trasmissione "Presa Diretta" dedicata alla 'ndrangheta) del nipote di un boss ucciso a Lonate Pozzolo, che affermava che il problema in quella cittadina non fossero i clan, ma “gli stranieri che rovinano il paese”.
Non si può per questo parlare di rapporti tra Lega e malavita organizzata (ed appare effettivamente azzardato se non fuori luogo farlo), però si può notare questa contraddizione di comportamenti, che balza ancor di più agli occhi nell'operato del ministro Maroni, il cui dicastero può vantare molti arresti tra i latitanti, ma che nello stesso tempo ha visto l'approvazione di leggi come lo scudo fiscale (o il ddl anti-intercettazioni, che per ora è fermo), che indeboliscono il contrasto alla mafia.
Certo, fa specie vedere il ministro così adirato nei confronti di una persona che per il suo impegno di denuncia vive sotto scorta: in realtà le due figure, per i rispettivi ruoli e per le loro capacità, dovrebbero piuttosto convergere.
Personalmente, avrei voluto vedere rabbia e durezza del ministro domenica scorsa a Milano, non nei confronti degli immigrati a cui, ha promesso, continuerà a negare il diritto di voto, ma piuttosto verso la classe politica ed imprenditoriale che in questi anni ha trasformato interi quartieri della metropoli lombarda in enormi discariche abusive di rifiuti tossici.
Ma qui torniamo al precedente discorso sulla Lega: brava ad urlare e fare la faccia feroce con gli ultimi, ma con una sorta di acquiescenza verso i potenti. E forse ciò che ha dato più fastidio a Maroni nelle parole di Saviano è il fatto per la Lega di dover ammettere di non avere il controllo del proprio territorio, di non poter fare valere il motto "padroni a casa nostra" perché ci sono "i padrini a casa nostra".