"Non sono ricattabile", ha affermato di recente Berlusconi. Però, da tempo, è succube della Lega, che condiziona le scelte politiche del suo governo.
L'ultima conversione di Silvio al Bossi-pensiero è l'idea delle "gabbie salariali", ovvero la differenza del costo della vita tra il Nord e il Sud del Paese e la necessità di collegare i salari al costo della vita.
Un'esigenza che a suo modo di vedere risponde "a criteri di razionalità economica e di giustizia" e che "tutti condividono".
La realtà invece (tanto per cambiare) è nettamente diversa.
Intanto, come afferma uno studio della CGIA (Associazione Artigiani e Piccole Imprese) di Mestre, «le gabbie salariali già esistono», visto che «al Nord il reddito medio ponderato da lavoro dipendente è superiore di circa il 30,3% rispetto a quello del Sud». Quindi, gli stipendi al Sud dovrebbero essere addirittura aumentati. Mentre, invece, il rischio dell'introduzione delle "gabbie" da parte del governo sarebbe, come afferma Dario Franceschini, "benefici per nessuno: stipendi uguali al nord e diminuiti al sud".
Oltretutto, nessuno, nel mondo del lavoro, vuole questo provvedimento: dai sindacati fino alla Confindustria, che suggerisce invece la soluzione di un decentramento della contrattazione, in modo che il salario sia deciso a livello aziendale e locale. Magari, aggiungiamo noi, sulla base di un salario orario minimo nazionale, stabilito per legge e applicabile a tutte le prestazioni di lavoro.
E' grave, quindi, che il premier si pieghi in questo modo ai voleri della Lega, senza valutare (o averne la possibilità di farlo) status e conseguenze.
E intanto, a dispetto di Berlusconi, il Partito del Sud va avanti: tra poco ci sarà qualcun altro pronto a metterlo in gabbia...