Alla Innse, storica azienda di Lambrate (ospitò l'Innocenti, lo scorso secolo) si sta consumando un dramma. Un dramma della speculazione, che ricade sulle spalle di circa 50 operai e delle loro famiglie.
La fabbrica (che nonostante abbia ordinazioni, la si vuole chiudere) è presidiata ed autogestita da mesi dagli operai (come nel film-documentario "The take"), che vogliono impedire lo smantellamento e lottano per il loro posto di lavoro ed il loro futuro.
Si parla di speculazioni edilizie (il terreno su cui è situato lo stabilimento appartiene ad un grosso gruppo immobiliare che vorrebbe realizzare un'area residenziale), ma anche da parte del nuovo titolare, che, approfittando della legge Prodi sulle fabbriche in difficoltà, ha acquistato il sito produttivo a prezzo di favore (poco più di 700mila euro) e probabilmente trova più conveniente vendere i macchinari sul mercato, dato il loro valore stimato in alcuni milioni di euro, piuttosto che impegnarsi come industriale e tenere attiva la produzione.
La questione, però, è anche politica. O meglio, le forze politiche hanno le loro responsabilità: per non avere vigilato fin dall'inizio sull'intera vicenda; per non essere intervenute prima; per il disinteresse di oggi, in particolare il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni.
E il disinteresse della politica lascia davvero perplessi: questo della Innse è un pericoloso campanello d'allarme, un piccolo focolaio che in autunno (viste le drammatiche previsioni che si prospettano) rischia di divampare in un pericoloso incendio di dimensioni nazionali.
Le istituzioni tutte (sindacati compresi) dovrebbero invece (come suggerisce anche Pietro Ichino) trovare soluzioni efficaci per i lavoratori che, come gli operai della Innse, cadono vittime di queste situazioni, e nello stesso tempo fare in modo che non si ripetano più in futuro episodi sconcertanti di questo genere.