L'intervento di ieri del Ministro dell'Economia Giulio Tremonti al "Meeting" di Rimini, ha molto del paradossale in alcune sue dichiarazioni.
In particolare suscitano alti livelli di ilarità le critiche rivolte agli economisti, a suo dire una sorta di "Maghi Otelma" incapaci di prevedere la crisi e che dovrebbero "stare zitti un anno o due, ne guadagnerebbero loro stessi e noi tutti".
Già, però chi prima di tutti dovrebbe chiedere scusa e poi farsi da parte per sempre, dovrebbe essere proprio il nostro caro Tremonti, se andiamo a guardare i provvedimenti presi da lui per affrontare la crisi, che invece lui aveva previsto (come no...):
- l’abolizione dell’ICI sulla prima casa. Per le fasce media e bassa della popolazione l’ICI era già stata abolita dal precedente governo di Romano Prodi. L’abolizione dell’ICI effettuata dal governo di Berlusconi, invece, ha riguardato i contribuenti più ricchi. Un provvedimento evitabile, considerando il sostanziale abbandono di una politica fiscale redistributiva e soprattutto il buco di tre miliardi lasciato nelle casse dei comuni italiani;
- insieme all'abolizione dell’ICI fu approvata la detassazione degli straordinari. Un altro provvedimento contraddittorio e inutile visto che, sempre a causa della crisi, le imprese hanno cominciato a tagliare il lavoro, non ad aumentarlo;
- la social card, la carta prepagata dallo Stato a favore delle famiglie più indigenti. I fondi per le ricariche sarebbero provenuti dalla cosiddetta Robin Hood Tax, che avrebbe stornato i profitti di banche e petrolieri che, all’epoca, guadagnavano molto. Però, Tremonti non ha seguito le sue "previsioni". A causa della crisi, infatti, il prezzo del petrolio è sceso fino a un terzo dai massimi, mentre le banche sono state le prime ad essere colpite dallo tsunami finanziario, e quindi solo una piccola parte delle social card previste sono state effettivamente attivate (circa il 40%);
- Alitalia, che era giunta a perdere 3 milioni di euro al giorno, doveva essere venduta ad AirFrance-KLM nel 2008. Il nuovo governo, però, ha cambiato le carte in tavola: "Alitalia deve rimanere italiana" si disse. Una cordata di imprenditori italiani allora rileva la parte buona di Alitalia, mentre quella cattiva (la bad company, ovvero quella con i debiti) rimane allo Stato. Il saldo dell’operazione è negativo: il Tesoro si fa carico di un debito di 3 miliardi di euro, senza considerare la rete di sicurezza per i dipendenti licenziati (circa un altro miliardo). E, oltre il danno la beffa, poche settimane dopo, AirFrance-KLM, che l’anno prima avrebbe rilevato Alitalia senza gravare sul bilancio pubblico italiano, rientra dalla finestra: grazie a un aumento di capitale, infatti acquisisce il 25% della nuova Alitalia. Un giro più lungo (e più pesante per gli italiani) per arrivare allo stesso risultato. E al punto di partenza, visto che la nuova Alitalia è in difficoltà come quella vecchia.
E sentirlo poi invocare la "difesa del popolo e delle famiglie" contro "la salvezza delle banche", suscita davvero rabbia e sconcerto. Ma c'è qualcuno che si fa ancora incantare dai trucchetti di Tremonti?