Non sto dando i numeri, ma esprimendo il PD che vorrei: chiunque sarà il Segretario, dovrà superare la logica che le decisioni passino dall'alto sulla testa di noi elettori della base. Non voglio più assistere a vicende scellerate come le larghe intese o quella dei 101 e del loro tradimento alle spalle di Prodi (e vorrei anche sapere chi sono questi 101 per escluderli dal Partito): voglio un PD che agisca consultando i propri elettori, contattandoli uno per uno (one to one: 121 appunto) e facendo decidere a loro, come, ad esempio è accaduto in Germania. Un partito, insomma, che mi rappresenti, che ascolti quello che ho da dire, che non mi tratti come un numero. Anche se i numeri contano eccome: soprattutto quando producono scene come queste in occasione delle Primarie, che sono aperte ma ti fanno aprire anche il cuore, vedendo che i nostri elettori sono migliori del nostro Partito. E più che "cucire l'Italia" (come recita uno degli slogan delle Primarie creato sfruttando le iniziali dei cognomi dei candidati) c'è da ricucire un rapporto tra elettori e partito, oltre che tra cittadini e politica. Per questo occorrerà un Segretario che applichi la linea della meritocrazia, della trasparenza e della partecipazione. Tutto dal basso, in un crescendo di consensi. Perché poi i numeri che contano sono quelli delle urne, e li ottieni con i fatti e non con le parole.