L'Italia è il Paese dove la diseguaglianza è aumentata negli ultimi 30 anni molto più che in altri Paesi occidentali.
E' quanto emerge dal rapporto Ocse "Divided we stand: Why Inequality Keeps Rising" (sempre più divisi: perché le diseguaglianze continuano a crescere).
Qualche dato esemplificativo: nel 2008, il reddito medio del 10% più ricco degli italiani era di 49.300 euro, dieci volte superiore al reddito medio del 10% più povero. Ancora, l'1% più ricco degli italiani ha visto la proporzione del proprio reddito aumentare dal 7% del reddito totale negli anni '80 a quasi il 10% nel 2008. E la porzione di reddito detenuta dallo 0,1% della popolazione super-ricca è aumentata dall'1,8% al 2,6% nel 2004.
In definitiva, i ricchi sono diventati molto più ricchi (anche perché, ricorda l'Ocse, le aliquote marginali d'imposta sui redditi più alti si sono quasi dimezzate, passando dal 72% del 1981 al 43% nel 2010), i poveri sono rimasti poveri e il divario si è accresciuto, anche perché la redistribuzione attraverso i servizi pubblici è diminuita.
E ancora: le riforme dirette ad accrescere la flessibilità forse in un primo tempo hanno contribuito a creare un maggior numero di posti di lavoro, ma hanno anche aggravato il divario tra i redditi, dal momento che gran parte dei posti di lavoro creati consisteva in occupazioni part-time o scarsamente remunerate.
Da tenere tutto in considerazione, visto che stiamo per varare una nuova riforma del lavoro: non aggraviamo la situazione, perché senza questa benedetta equità, il rischio è di ritrovarci in un mercato del lavoro con solo flex e niente security.