Il governo Monti parte con la sfida delle liberalizzazioni, e inizia dalle licenze dei taxi. La categoria dei tassisti ha già dato il via a forme di protesta: vedremo come finirà il braccio di ferro. Bersani, ministro nell'ultimo governo Prodi, si era dovuto arrendere, Monti invece sembra essere davvero deciso.
Di certo la situazione va valutata attentamente. Fino ad oggi il rilascio delle licenze ormai non avveniva più tramite concorsi pubblici, ma spesso attraverso il loro acquisto con cospicui investimenti: una licenza di taxi può arrivare a costare oltre i 200.000 euro, a cui si devono aggiungere i costi della vettura e quelli di bollo, assicurazione, carburante e manutenzione della stessa.
Aumentare le licenze significa quindi più corse per gli utenti e più concorrenza, ma anche una torta che si restringe e fa diminuire i guadagni, rischiando il declassamento reddituale e sociale di una categoria.
Oltre all'equità, occorre quindi anche equilibrio: una soluzione che ampli il mercato, ma senza destabilizzarlo; maggior offerta ma non minore qualità del servizio; vantaggi ai consumatori senza penalizzare gli operatori. E l'esempio inglese a Londra può essere di aiuto: nessuno sbarramento, ma severe selezioni per ottenere una licenza di taxi.
Il governo quindi agisca, ma lo faccia con giudizio, evitando che la cura sia peggio della malattia. E per dare un segnale forte di credibilità, inizi piuttosto a scalfire quelli che a tutti gli effetti rappresentano i veri privilegi.