lunedì 6 settembre 2010

Un Fini in surplace

Il discorso di ieri da Mirabello di Gianfranco Fini ha lasciato ancora tutto in sospeso: come un provetto praticante di ciclismo su pista, Fini si mantiene in una posizione di surplace, attendendo la mossa di Berlusconi, a cui ha passato il cerino acceso. Perché la situazione è questa: Fini non vuole uscire di propria volontà dal partito, ma ESSERE CACCIATO; Berlusconi vuole che Fini ESCA dal partito, ma senza che sia lui a mandarlo fuori.
In effetti il discorso di ieri è il riassunto delle esternazioni fatte dal presidente della Camera in questi 2 anni, in cui ha dissentito (almeno a parole) sull'operato del governo e soprattutto del premier. Ma senza prendere una posizione netta e decisa, tanto che c'è chi ha definito il suo intervento di stampo "veltroniano", in ricordo del celebre "ma anche".
Insomma, il PD non si faccia troppe illusioni sul fatto che Fini ed i suoi del Fli stiano per dare una spallata al governo. Di sicuro non in questo momento. Sulla carta la maggioranza potrà apparire sfaldata, ma sarà alle Camere che si vedranno i fatti.
C'è semmai un passaggio del discorso di Fini che risulta degno di attenzione: quello in cui apre alla riforma della legge elettorale. Dice infatti Fini: «Gli italiani hanno il diritto di scegliere non solo il premier ma anche i loro parlamentari. Poi discuteremo come, se con il collegio o la preferenza, ma è un diritto degli italiani, E faccio un mea culpa, perché a quella legge ho contribuito anche io, e sono vergognose le liste ’prendere o lasciare’».
Sembra quasi un messaggio velato alle altre forze politiche.
Fosse così, il PD farebbe bene a raccogliere l'invito, e prima di pensare al gioco delle alleanze elettorali od a futuri governi tecnici, dovrebbe invece avanzare una proposta seria e concreta di legge elettorale da condividere prima con finiani, centristi e dipietristi, ed approvare poi in Parlamento, in modo da sostituire l'attuale "porcellum". Questo potrebbe mettere Berlusconi con le spalle al muro, e permettere al PD, in caso di elezioni, di correre per la vittoria anche da solo.