martedì 22 giugno 2010

Per non confondere le acque

Un dibattito molto partecipato ieri sera alla Palestra di via Nino Bixio. Tema dell'incontro, organizzato dall'amministrazione comunale, era la privatizzazione dell'acqua.
I relatori intervenuti (Dott.ssa Viviane Iacone, Dirigente Struttura Pianificazione acque, regolazione servizi e garante Regione Lombardia; Dott.ssa Carla Arioli, Direttore Autorità Ambito Territoriale Ottimale Provincia di VA; Dott. Alberto Biancardi, Responsabile Energia e Infrastrutture Arel) hanno illustrato la situazione, ciascuno secondo le proprie competenze.
Il pubblico è poi intervenuto con domande, alcune delle quali hanno anche sfociato in excursus alquanto estemporanei.
Possiamo comunque fare un riassunto:
- la UE ci impone delle regole da rispettare per quanto riguarda la qualità di rete idrica e acqua: se non ci conformiamo a breve, inizieremo a pagare pesanti sanzioni (circa 10 milioni di euro all'anno)
- questo comporterà un notevole investimento (il Dott Biancardi ha parlato di 80-90 miliardi di euro per l'intera Italia, la Dott.ssa Iacone di 4-5 miliardi per la Lombardia) per metterci a norma
- dove trovare questi soldi? Si dovrà, nella maggior parte dei casi, ricorrere ai privati. Da qui nasce l'esigenza di privatizzare, anzi, liberalizzare l'acqua, permettendo ai privati di partecipare alla gestione della rete idrica attraverso delle gare. Ma ciò non significa che il servizio possa essere gestito anche da aziende pubbliche
Alcune nostre considerazioni:
- il primo punto da chiarire è che l’acqua resterà un bene "di esclusiva proprietà pubblica", come recita il testo del decreto Ronchi, dove si specifica inoltre che spetta alle istituzioni garantire "universalità e accessibilità al servizio". Questo significa che nessuno potrà privatizzare le fonti o le sorgenti
- abbiamo altre pendenze con la UE, su cui paghiamo e abbiamo pagato sanzioni: le frequenze di Rete 4, l'alto livello di smog ecc. Però ci si mette in regola di corsa SOLO quando tocca direttamente gli interessi dei cittadini (come, ad esempio, sull'avanzamento di età pensionabile alle donne) e non quelli dei potenti
- ascoltando i relatori, abbiamo la sensazione che non ci sia confusione e scarsa preparazione sull'argomento solo da parte dei cittadini, ma ANCHE da parte di chi amministra gli enti locali, e proprio per questo sarebbe OPPORTUNO che non solo il controllo ma anche la gestione della rete idrica rimanesse in mani pubbliche, almeno fino a quando non ci saranno a governarci persone capaci
- in ogni caso, metterci in regola comporterà comunque un aumento delle tariffe, perché i finanziamenti per modernizzare la nostra rete idrica secondo i parametri richiesti dalla UE in qualche modo vanno trovati. Teniamo conto che le nostre tariffe sono tra le più basse in Europa. E' anche vero però che lo sono anche le retribuzioni dei cittadini (stipendi e pensioni), così come sono più alte altre tariffe (imposte locali, servizi energetici ecc.)
- sempre restando in Europa, ci sono dei Paesi che prima di noi hanno privatizzato il servizio, ma che hanno deciso di tornare ad una gestione pubblica perché non solo vi era stato un aumento dei costi, ma anche un abbassamento della qualità (vedi Parigi ed altre città della Francia)
- è vero che esistono situazioni che degenerano in sprechi (in particolare nel Sud Italia) ma vi sono anche realtà pubbliche (come l'acquedotto di Milano) che offrono alta qualità a tariffe bassissime (0,50 euro al metro cubo): forse il problema allora non riguarda le tariffe, ma il controllo
- nel nostro comune il servizio idrico è gestito da Vedano Servizi, una municipalizzata che in questi anni ha prodotto buoni risultati in termini di servizio.
Concludendo: comprendiamo l'obbligo di ottemperare alle norme richieste dalla UE, anche perché tutto questo dovrebbe portarci una qualità migliore dell'acqua. Però attenzione a non creare speculazioni e limitare così l'accesso del vitale elemento a chi si trova in difficoltà economiche. Per questo riteniamo opportuno considerare l'ipotesi che ad ogni cittadino debba essere garantita una minima quantità di acqua (almeno 50 litri al giorno). Altra cosa necessaria, differenziare le tariffe: dall'uso domestico a quello industriale/agricolo. Infine, inculcare nella popolazione una cultura del risparmio idrico, così come si sta cercando di fare con quello energetico. E comunque, per noi l'acqua rimane un bene inalienabile: per questo auspichiamo che l'intera sua gestione rimanga in mani pubbliche.
Ah, dimenticavamo: se volete essere informati, non ascoltate Radio Padania. Piuttosto leggete "Topolino" o "Le Giovani Marmotte"...