CGIL e Associazione Calciatori: 2 categorie assai distanti, ma che in questi giorni hanno in comune uno sciopero che viene criticato più o meno da tutti.
Stride l'annuncio della CGIL di uno sciopero generale in un momento di crisi in cui non bisogna fermarsi, ma semmai produrre. Così come è discutibile lo stop imposto al campionato di serie A da professionisti affermati e strapagati.
Ci sono però da considerare alcuni fattori:
- sia la CGIL che l'Assocalciatori, nelle rispettive vertenze, hanno fatto degli sforzi per venire incontro a determinate esigenze: la CGIL con la firma dell'accordo unitario del 28 giugno, i calciatori invece erano disponibili per un accordo ponte che avrebbe almeno consentito l'avvio del campionato;
- la responsabilità di arrivare alla rottura non è tanto della CGIL, ma semmai del governo, che dall'inizio della legislatura si è imposto proprio la mission di dividere le parti sociali; né dell'AIC, ma di alcuni presidenti della Lega, che si sono rimangiati l'accordo raggiunto a gennaio scorso;
- e soprattutto, quello che conta maggiormente, è che alla base di questi scioperi vi è LA DIFESA DEI DIRITTI. Non ci sono motivazioni politiche, come attribuito alla decisione della CGIL, e nemmeno una questione egoistica di soldi, accusa mossa ai calciatori. La CGIL contesta la manovra finanziaria del governo, ma soprattutto l’articolo 8 del decreto n.138 (libertà alle aziende di licenziare), che non sembra essere un provvedimento per risanare l'economia, ma semmai un pericolosissimo attacco allo Statuto dei lavoratori. L'Assocalciatori, da parte sua, non contestava il pagamento del contributo di solidarietà (peraltro adesso abolito), ma l'articolo 7 del contratto, ovvero la possibilità da parte delle società di fare svolgere "allenamenti differenziati", qualora la rosa abbia dei giocatori in esubero: in pratica una sorta di mobbing nei confronti di giocatori che si vogliono cedere.
Forse quello della CGIL è un errore, e la sua decisione rischia di fare il gioco di chi vuole divisione tra i sindacati (ma l'atteggiamento di Cisl e Uil farà ottenere risultati migliori?).
Forse la serrata della serie A appare una sorta di puntiglio da parte di una categoria di privilegiati e viziati (ma questa situazione di eccessi nel mondo del calcio è solo colpa dei giocatori?).
Ma sui diritti non si transige: per quelli dei calciatori miliardari, e in maggiore ragione dei lavoratori dipendenti da 1.200 euro al mese.
Se ci fosse maggiore responsabilità da parte di tutti, allora sarebbe possibile assistere a dei passi indietro. Ma la sensazione è che si voglia fare di tutto per creare situazioni di caos e distogliere così l'attenzione della gente.
Il problema semmai è che a rimetterci ed a subire i maggiori disagi saranno sempre le parti più deboli: i cittadini e i tifosi.