venerdì 6 agosto 2010

Un PD di transizione

Il PD si prodiga per illustrare la linea che porterà avanti in caso di crisi di governo. E lo fa oggi con 2 interviste rilasciate dal segretario Pierluigi Bersani e dal presidente Rosy Bindi.
2 interventi che si sovrappongono, ed in cui emerge che il PD, nel caso venissero sciolte le Camere, opterebbe decisamente per un governo tecnico di transizione.
Una soluzione scelta non per paura del voto, ma perché al Paese, in un momento delicato come questo, occorrono 3 decise riforme:
- quella elettorale, innanzitutto, con una nuova legge che sostituisca la porcata attuale e consenta al cittadino di tornare a scegliere il proprio candidato
- economica, per fare fronte ai temi sociali, sostenere famiglie ed imprese, creare occupazione
- della legalità, creando norme che abbattano il sistema di corruzione che con il governo Berlusconi si è allargato a dismisura.
Il fatto è che Pdl e Lega non sembrano disponibili né ad un governo tecnico, né ad un nuovo governo che affronti queste riforme in accordo con l'opposizione. E mancando il loro assenso, mancherebbero i numeri per andare avanti. Il ribaltone sarebbe tutt'al più un ribaltino, che avrebbe poche speranze di vita.
Sarà forse per questo che, pur di mettere in piedi un governo tecnico, a quanto pare si è disposti a tutto: anche ad avallare l'idea di un Tremonti premier, o pensando di allargare il dialogo con la Lega (mettendo magari sul piatto il federalismo). La priorità, comunque, sembra sia "liberarsi di Berlusconi". E se si dovesse andare alle elezioni, pur di arrivare a questo obiettivo, non è da scartare l'ipotesi di un'alleanza allargata agli altri schieramenti (il cosiddetto "terzo polo" di Casini-Fini-Rutelli, l'Idv di Di Pietro e SeL di Vendola).
E' difficile in questo momento piuttosto caotico fare previsioni, anche perché l'impressione è che non mancheranno in futuro i colpi di scena.
In caso di governo di transizione, però, noi azzardiamo un consiglio al ponte di comando del PD: in caso di governo tecnico, nel periodo in cui il nuovo esecutivo portasse a termine le riforme programmate, anche il Partito dovrebbe passare in una fase di transizione, pensando a rinnovarsi, con nuovi dirigenti ed una nuova linea strategica, in modo da presentarsi alle successive elezioni come unica forza riformista. Ma per fare questo occorrono scelte coraggiose ed innovative. Anche perché in questo momento i nostri sostenitori appaiono disorientati. E un segnale forte potrebbe essere dato già dai prossimi Congressi provinciali di questo autunno: a cominciare magari da Varese.
Bisogna darsi subito una mossa, perché l'inerzia è pericolosa.