Brutto e grave episodio l'altra sera, quando 500 ultras atalantini hanno letteralmente assaltato con il lancio di petardi il ministro Maroni, intervenuto sul palco alla "Bèrghem Fest" (a proposito: dove erano i 300.000 fucili spesso invocati da Bossi?). Oggetto della contestazione: la tessera del tifoso, lo strumento adottato dal Viminale per ad aumentare gli standard di sicurezza all’interno dello stadio: infatti, solo chi è in possesso di questa tessera potrà acquistare i biglietti per seguire la propria squadra in trasferta, ed una delle condizioni richieste è di non avere Daspo in corso e condanne per reati da stadio negli ultimi 5 anni.
Gli ultras, non solo di Bergamo, ma di tutta Italia, quindi la contestano apertamente, perché di fatto la tessera limiterebbe di molto il loro campo d'azione.
La tessera sarebbe di fatto una buon idea per debellare la violenza negli stadi, se però fosse organizzata in tutt'altra maniera, perché ora come ora presenta evidenti limiti e disfunzioni.
Innanzitutto, una burocrazia ottusa che rende problematico l'acquisto del biglietto tramite tessera. Poi, gli stadi italiani sono vecchi e non attrezzati per il progetto, che prevederebbe accessi privilegiati ed altre agevolazioni per i possessori delle tessere. Aggiungiamoci infine i ritardi nel consegnare le tessere: migliaia di tifosi che ne hanno fatto richiesta, ne sono ancora sprovvisti. E come se non bastasse, ecco l'ultimo paradosso: la «tessera del tifoso» è obbligatoria per accedere al settore ospiti nella gare fuori casa, ma chi non si adeguerà potrà comprare i biglietti di un altro settore (tipo i settori misti), viaggiando tra l'altro in maniera anonima e incontrollata.
Insomma, dopo la social-card, anche la football-card rischia di rivelarsi un flop, alimentando i problemi anziché risolverli.
Il classico pasticcio all'italiana. O alla padana.