sabato 27 giugno 2009

Esorcizzare la crisi non basta

Un fantasma si aggira per l'Europa: è quello della crisi economica. Noi non l'abbiamo ancora vista: gli effetti subiti finora sono solo gli schizzi dell'onda che ha travolto l'America. Lo tsunami qui deve ancora arrivare.
Chi è a contatto con il mondo del lavoro e conosce la situazione, sa bene cosa ci aspetta.
Trichet, il Presidente della BCE (Banca Centrale Europea), lancia l'allarme di una "inaspettata turbolenza". In Europa non abbiamo più degli economisti, abbiamo dei meteorologi. Di questo passo ci vedremo costretti a far prevedere l'andamento delle borse dal nostro Piernando Binaghi.
In Italia poi è ancora peggio: qui per combattere la crisi si limitano a fare gli scongiuri, ripetendo da mesi (come fosse una formula magica) "niente crisi, ottimismo". La realtà purtroppo è diversa. E ultimamente il nostro governo se ne è accorto, come dimostra l'ultima manovra d'estate. La prima, emanata un anno fa, era assolutamente sbagliata: abolizione dell'ICI (che ha lasciato i comuni in grave difficoltà) e detassazione degli straordinari (in un periodo in cui si cominciava a licenziare perché gli ordini stavano calando) sono solo degli esempi di come Nostradamus-Tremonti avesse previsto tutto. Quella successiva circa 4 mesi dopo, ha avuto invece come simbolo l'istituzione della social card, uno strumento demagogico quanto inefficace (non fosse altro perché le card non venivano nemmeno caricate). E così è stato il resto della manovra in sé: un fallimento.
Adesso, ecco l'ennesima, che ha tutta l'aria di essere una serie di misure fatte in affanno, quasi a cercare di dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, per illudere la gente e guadagnare tempo, piuttosto che pensare ad una vera e propria "exit strategy".
Le misure presenti nel pacchetto sono in effetti piuttosto controverse: applicare alle imprese la detassazione sul reinvestimento degli utili va bene, però si parla di limite fino al giugno 2010: sarà sufficiente un solo anno? E quante aziende ora hanno utili tali da poter essere reinvestiti? E poi, quando partiranno questi investimenti? Non certo subito: c'è chi parla di fine anno e primavera prossima. Forse era il caso di adottare già un anno fa questo provvedimento: ora potrebbe essere tardi.
Oltretutto, per l'ennesima volta, non si è tenuto conto delle esigenze delle piccole e medie imprese, visto che gli investimenti indicati per l'esenzione fiscale sono, di fatto, riservati alla grande industria, che dispone di programmi innovativi sia nel campo dei prodotti sia in quello dei processi di produzione.
Così come non si è voluto prendere in considerazione la tutela dei consumatori, con l'ennesimo rinvio della "class action": strano, perché Tremonti continua a parlare di regolarizzare il mercato, e poi le regole non le applica, come ad esempio avviene negli USA. Rinviato anche l'ampliamento della social card: indice di una fragilità delle casse dello Stato. In cambio, però, ecco l'abolizione dei ticket delle visite specialistiche e l'innalzamento dei rimborsi dei titoli Alitalia. Insomma, un favore ai grandi gruppi industriali (con gioia di Confindustria) ed un contentino ai consumatori.
Per quanto riguarda l'occupazione, si è pensato a norme per agevolare i cassintegrati (arrivando a finanziare con un bonus perfino quelli che vorrebbero aprire un'attività in proprio), ma sono stati completamente dimenticati i disoccupati ed i precari.
C'è da prendere atto del rinvio dello scudo fiscale per i capitali detenuti illegalmente all'estero a cui sembrerebbe fare seguito un maggior inasprimento nei controlli fiscali, così come la riduzione delle bollette dei consumi del gas (in particolare alle imprese), il blocco degli sfratti, le nuove clausole sul massimo scoperto nelle banche e lo stanziamento di 5 miliardi di euro per velocizzare i pagamenti della pubblica amministrazione verso le aziende.
Misure però che certo sono insufficienti per risolvere il CATASTROFICO periodo a cui stiamo andando incontro.
Occorreva fin dall'insediamento di questo governo pensare subito a provvedimenti di più ampio raggio come la riforma delle pensioni, come indicato anche dall'Europa.
E se QUALCUNO avesse intenzione di zittirmi per quanto affermo (accusandomi di "disfattismo"), faccio questa semplice domanda, da cittadino e anche (ahimè!) da tifoso milanista: ma se "la crisi economica ha come primo fattore quello psicologico e la gente deve tornare agli stili di vita precedente e deve rialzare i consumi, perché non ha motivi per diminuire i consumi", allora perché questo QUALCUNO in questo momento sta attento ai bilanci e vende i pezzi migliori del club di calcio di cui è Presidente? Perché non spende più come una volta?
La crisi c'è eccome, fa davvero paura e pare che stia facendo perdere il controllo: dei nervi e del potere.