"Nella provincia di Varese, circa 2.000 aziende sono a rischio chiusura nel prossimo autunno!". Questo è il grido di allarme lanciato da Giorgio Merletti, presidente dell’Associazione Artigiani di Varese, domenica scorsa al Congresso Provinciale 2009 dell’Associazione Artigiani.
Un dato preoccupante: significa 5.000 collaboratori che si ritroveranno disoccupati, per non parlare delle ricadute in termini economici e sociali sull'intera provincia.
E' un problema che non riguarda però solo Varese, ma investe tutto il mondo delle piccole imprese artigiane e delle così dette partite IVA.
Quel ricco patrimonio che da sempre rappresenta la spina dorsale dell'economia italiana rischia infatti di sparire, e senza che nessuno muova un dito.
Sicuramente non il governo, che quel poco che ha fatto (e proprio poco) è stato esclusivamente a favore dei grandi gruppi industriali: lo studio degli artigiani di Mestre, l'autorevole Cgia, conferma che investimenti e finanziamenti di Stato e banche vanno principalmente alle grandi imprese. Al 31 dicembre 2008 le banche italiane avevano messo in circolo nel sistema 1.304 miliardi di euro. E il 77,9 per cento era stato dato al 10 per cento dei clienti, cioè alle poche grandi aziende che ci sono in Italia. Gli altri, tutto il tessuto produttivo delle piccole e medie imprese, doveva accontentarsi di 289 miliardi, il 22,1 per cento degli affidamenti.
E in un periodo di crisi come questo non è facile, con le commesse che calano. Soprattutto in un Paese dove il costo del lavoro è più alto che altrove, in cui servizi ed energia oltre ad essere carenti sono più cari, e in cui esiste un sistema tributario che non tiene conto della crisi.
Eppure gli artigiani non vogliono né regali, né favori: chiedono solo che gli sia permesso di lavorare. Questa è tutta gente che si mette in gioco in prima persona, non solo per trarne un profitto, ma anche per passione, per lasciare un segno, per essere protagonista con il proprio lavoro.
Il governo avrebbe dovuto dare i soldi alle imprese, invece che alle banche cercando poi di convincerle a prestarli. I finanziamenti devono essere sbloccati, deve essere concessa la dilazione dei pagamenti delle tasse, vanno rivisti i parametri degli studi di settore in modo commisurato all’impatto della crisi, i pagamenti per le commesse da parte degli Enti Pubblici e i contributi statali per gli incentivi (tra cui quelli per ricerca & innovazione) devono essere saldati al più presto, va elasticizzata una burocrazia complessa e pesante, promosse iniziative atte a proteggere e rilanciare il MADE IN ITALY.
Invece gli Artigiani sono lasciati soli e inascoltati: per adesso riescono a resistere, grazie anche all'ottimo lavoro dei dirigenti delle associazioni di categoria (quella di Varese in particolare, ed il successo del congresso con grande partecipazione di pubblico lo testimonia: complimenti!). Ma per quanto riusciranno a durare?
Mi piacerebbe che fosse il PD ad ascoltare le loro richieste, mettendosi al loro fianco per studiare e proporre soluzioni.
Sono sempre stati, a torto, considerati evasori fiscali, capri espiatori di un malcostume che prospera nell'alto, e quindi limoni da spremere: invece oltre ad essere la più solida colonna su cui poggia la nostra economia, rappresentano un capitale inestimabile di maestria e cultura.
Salviamo i migliori artigiani al mondo.