Il nuovo governo ha preso i primi provvedimenti: cancellazione dell'ICI sulla prima casa (su cui avevamo già espresso le nostre preoccupazioni-e che tra l'altro è una decisione in netto contrasto con l'idea del federalismo, giusto on. Bossi?-); pacchetto sicurezza (con il contestato reato di clandestinità che può provocare seri pasticci se non gestito con buon senso); contromisure per l'emergenza rifiuti in Campania (dove per adesso l'unico ad essere stato riciclato è Bertolaso, richiamato in veste di sottosegretario per l'emergenza); rinegoziazione dei mutui sulla prima casa (un'idea delle banche e non del governo, tanto è vero che già da qualche giorno in TV giravano spot su questo tema), venduta come regalo alle famiglie italiane (si è parlato di un risparmio di 850 euro anno), ma che invece è solo una vergognosa frottola, perché tali "teorici sconti" saranno messi in coda alle rate, maggiorate di salati interessi (oppure verranno aumentati gli anni delle rate); e per finire, un decreto per la detassazione del salario variabile (esclusi gli statali), rappresentato da straordinari e premi di produttività, che verranno assoggettati ad un’aliquota secca del 10%. Ed è su questo ultimo decreto che ci concentreremo, partendo da un paio di dati: -4,3% di fatturato e -3,7% di ordini. E' lo stato di salute dell'industria italiana registrato nel mese di marzo 2008 rispetto al marzo 2007 (Istituto Italiano di Ricerca). Un dato molto basso: era dal 2004 che non se ne registrava uno così debole. Per cui ci si domanda: a che serve questo decreto? Se doveva essere un palliativo per rimediare al problema dei bassi salari, l'efficacia (se ci è consentito il paragone) potrà essere come la somministrazione di un'aspirina nella cura di un cancro. Gli sgravi, infatti, saranno applicati a tutti i lavoratori dipendenti con redditi non superiori a 30 mila euro ed entro una franchigia di 3.000 euro. Per cui il basso limite di reddito esclude una parte importante dei lavoratori. E teniamo conto di un'altra cosa: il regime fiscale più favorevole potrebbe tentare datori di lavoro e dipendenti a trasferire il più possibile di retribuzione alla parte agevolata del salario, generando un'elusione fiscale a spese della collettività. Sicuramente questo decreto non raggiungerà nemmeno l'obiettivo di favorire l'aumento della produttività, visto che questa può essere valutata come una misura "pro-ciclica", cioè che funziona quando l'economia va bene e si sgonfia se è fiacca (come in questo momento, in cui addirittura c'è un calo degli ordini). L'unico vantaggio che crea questo decreto (ed è solo per le imprese) è che aumenta ulteriormente la flessibilità nell'impiego della manodopera, ma, soprattutto, ne riduce il costo. Infatti un'ora di straordinario costa molto meno di un'ora di lavoro normale. Questo però andrà a scapito dell'occupazione: infatti le imprese saranno indotte a fare ricorso agli straordinari invece di dover fare nuove assunzioni. Può comunque questo aspetto (minor costo di manodopera) servire almeno ad una maggiore competitività delle nostre aziende? Difficile sostenerlo. Già oggi il nostro costo del lavoro è agli ultimi posti in Europa (dati Ocse) e, come è ben noto, questo non ci ha aiutato ad essere competitivi. Oltretutto, se si osserva la Germania, che ha il costo del lavoro forse più alto del mondo, si nota che è il primo esportatore del mondo, e che oggi è anche tornata ad essere la locomotiva della crescita europea. Per cui, se si vuole dare competitività ed aumentare la produttività delle nostre imprese, facendo girare l'economia (che attualmente è proprio stagnante), forse le misure da adottare sono altre. E come sottolinea Enrico Letta (responsabile del Welfare del governo-ombra) "Ogni riduzione delle tasse sul lavoro va bene, ma più che sugli straordinari si doveva agire sulla produttività".