La manovra finanziaria votata in Senato (con il voto di fiducia, tanto per cambiare) presenta molte discrepanze (al di là dei comici refusi che l'hanno caratterizzata).
Si dice che non verranno messe le mani nelle tasche degli italiani, ma i tagli imposti alle Regioni riguarderanno la sanità, l'istruzione ed i trasporti pubblici locali, e incideranno nell'aumento dei costi per i cittadini, in particolare dei ceti più poveri, che già (secondo l'Istat) stanno soffrendo più di tutti questa crisi.
A soffrire sono anche i giovani, e per loro non è stato studiato alcun provvedimento, se si esclude l'istituzione della "mini-naja".
Stesso discorso vale per le piccole e medie imprese, che si ritrovano addirittura più costi invece che concessione di finanziamenti per risolvere le carenze di liquidità di cui soffrono e che sono costrette a risolvere cercando di arrangiarsi da sole: ma di certo non è sufficiente per resistere, ed è più facile sperare nei miracoli.
Non mancano poi aberrazioni assurde, come graziare gli allevatori che hanno sforato illegalmente le quote latte attraverso la proroga delle multe (con pesanti sanzioni UE che dovremo pagare) e non concedere ai territori colpiti dal terremoto in Abruzzo le stesse condizioni di pagamento delle tasse previste per tutti gli altri terremoti.
Insomma, anche in questa manovra, come è stato finora per tutta questa legislatura, a pagare è sempre il più debole.