La sentenza contro i sette membri della Commissione Grandi Rischi è davvero una bella scossa per il campo scientifico. Molte le perplessità per la condanna, anche dall'estero. La colpa addossata ai tecnici e agli scienziati non è comunque quella di non avere previsto il terremoto, quanto semmai di essere stati troppo blandi nelle dichiarazioni rilasciate alla popolazione: un processo, quindi, alla comunicazione. E sarebbe grave se questo fosse avvenuto per compiacere le direttive imposte da chi allora era al vertice.
Resta comunque il fatto che questa sentenza rischia di comportare seri problemi per la composizione della prossima Commissione Grandi Rischi e che a questo punto dovranno essere ripensate regole e norme sull'attribuzione di incarichi e responsabilità.
Di sicuro, andrebbero valutati con la stessa severità chi costruisce edifici non a norma che poi crollano come castelli di carte, e quegli amministratori che permettono queste gravi mancanze. E nel caso specifico de L'Aquila, ci sarebbe molto da ridire anche su come è stato gestito il processo di ricostruzione: dai "6 mesi e tutti a casa" rimasta la classica promessa mancata, alle orride e assurde "new town".