E' scontro sulla RU486, la pillola abortiva. I nuovi presidenti leghisti (Cota e Zaia) delle regioni Piemonte e Veneto, hanno infatti chiuso alla distribuzione del farmaco negli ospedali delle regioni da loro amministrati (seppure in campagna elettorale non si fossero pronunciati su questo tema). Uscite, però, che appaiono quanto mai futili ed inopportune. Come sottolinea in proposito la neo-presidente del Lazio Renata Polverini, "La somministrazione della Ru486 seguirà lo stesso percorso dell'aborto chirurgico, quindi sarà somministrata in ospedale. C'è una legge, la 194, che va rispettata io sono a favore della vita e farò tutto quello che è necessario per difenderla nel rispetto della legge". E dello stesso tono le dichiarazioni di Guido Rasi, direttore generale dell'Agenzia del farmaco: «Le Regioni hanno un largo margine di autonomia per stabilire tempi e modalità, ma non c'è dubbio che se il farmaco è approvato prima o poi si dovrà erogare».
Giusto essere a favore della vita, ma non si possono imporre divieti e obblighi sulla coscienza degli altri (tenendo conto poi che c'è già una legge che regola la questione). Sarebbe invece opportuno rafforzare i mezzi di sostegno (economici e psicologici), per aiutare a comprendere, affrontare e magari evitare una scelta traumatica e dolorosa come la pratica dell'aborto. Altrimenti il rischio è di trovare questa pillola sul mercato nero.
Perché è vero, come dice tale Gasparri, che "Con la salute e con la vita non si scherza". Però nemmeno ci si deve speculare.