Non vanno sulle gru né sui tetti, non hanno diritto alla cassa integrazione, niente ammortizzatori sociali di alcun tipo per loro. Insomma, nemmeno un occhio di riguardo per il ceto dei professionisti (architetti, avvocati ecc.), che, come sottolinea questa bella inchiesta del "Corriere della Sera", viene decimato dalla crisi nella più totale indifferenza: sono infatti 300 mila i posti di lavoro a rischio, soprattutto tra avvocati, architetti e consulenti. "I grandi studi sono costretti a tagliare gli organici e i piccoli chiudono uno dietro l’altro, lasciando fuori della porta una generazione di laureati che aveva già pagato duramente le barriere all’ingresso".
La crisi colpisce indifferentemente giovani e meno giovani, con la funesta prospettiva che un sesto del terziario qualificato italiano rischia di essere cancellato entro l'anno e, cosa ancor più grave, non esistono strumenti diffusi di ammortizzatori sociali per questa categoria.
Il PD dovrebbe prestare attenzione a questa classe sociale, prospettando proposte e soluzioni: sgravi fiscali, incentivi per aprire nuove attività, assegni minimi garantiti attraverso contratti per consulenze fornite presso enti pubblici (un modo anche per alzare il livello qualitativo delle P.A., a cui Renato Brunetta sembra credere tanto. O forse no).
Un impegno da attuare non tanto per una mera questione di voti, ma perché i professionisti rappresentano la base della media borghesia, e la loro "estinzione" rischierebbe di creare ulteriori disagi sociali e forti squilibri, con gravi ripercussioni sull'intero ciclo economico e produttivo italiano.