venerdì 21 giugno 2013

In nome del dio pallone

E del marketing (e probabilmente anche delle speculazioni) si sacrificano istruzione, salute, welfare. E' quanto accade in Brasile, dove la popolazione scende in strada protestando contro gli investimenti (quasi 30 miliardi di euro) che il governo intende fare per ospitare le prossime edizioni di Mondiali di calcio e delle Olimpiadi. E la domanda di Carla Dauden (attivista del movimento di protesta, che arriva ancora una volta dal web) sorge effettivamente spontanea: "Come si fa a spendere oltre 30 miliardi di dollari per un evento sportivo in un paese dove l'analfabetismo colpisce in media il 10 per cento della popolazione e dove 13 milioni di persone soffrono la fame e molte altre muoiono aspettando di essere curate?". E se protesta un popolo come quello "brasileiro" dove il calcio è lo sport per eccellenza, si può ben immaginare quale sia la drammaticità della situazione.
(Così, per ricordare: le edizioni di Olimpiadi e Mondiali di calcio organizzate in Messico e Grecia, non rilanciarono affatto quei Paesi, ma lasciarono semmai sprechi e macerie, con un ulteriore impoverimento, di cui si sentono tuttora gli effetti).