Il tema del finanziamento pubblico ai partiti è stato oggetto di scontro tra Grillo e Bersani. Certo, in una situazione come questa sarebbe opportuno discutere di altre questioni più gravi e urgenti, ma va comunque considerato che anche con provvedimenti di minore peso si possono dare importanti segnali di cambiamento.
In ogni caso, occorre comunque fare ordine:
- innanzitutto, il finanziamento pubblico ai partiti avviene anche in altri Paesi, e non sono i partiti italiani quelli che ne beneficiano maggiormente
- non è corretto poi citare il referendum del 1993 con cui gli italiani a grande maggioranza abolirono il finanziamento pubblico ai partiti, in quanto questo non contemplava affatto il rimborso elettorale (come spiegato qui)
- però, il rimborso ai partiti è sicuramente sproporzionato e va di conseguenza rivisto, considerato che vengono destinate cifre ben al di sopra dei soldi spesi effettivamente in campagna elettorale, essendo basato il rimborso sui voti presi e oltretutto per anni successivi anche a legislature chiuse o a forze politiche non più esistenti, dando vita a meccanismi perversi e vero e proprio malaffare come nel caso Lusi-Margherita.
Premesso questo, se, come afferma Bersani (disposto a congelare l'attuale sistema e a discutere per rivederlo), un minimo di finanziamento va garantito ai partiti per impedire che la politica diventi avvallo solo per i più ricchi, è anche vero che, data la situazione attuale, sia economica che morale, sarebbe il caso, almeno per ora, di bloccare quelle risorse verso i partiti e destinarle magari a fondi a favore della ricerca o delle piccole imprese. Lo richiede il momento, e anche la gente.