«Ho spento le slot-machines perché non sopportavo più di vedere persone che si rovinavano in quel modo». A parlare così è Monica Pavesi, titolare di un bar alla periferia di Cremona, che ha deciso di staccare le spine delle "macchinette" nel suo locale. «Da tre anni vedevo italiani e stranieri, molti anziani ma anche giovani, forse più donne che uomini: gente che non se la passa bene e si aggrappa ai videopoker spendendo tutto quello che ha».
Quello della signora Monica è un gesto coraggioso, che le costa a livello economico per le mancate entrate (circa 1.500 euro al mese) e potrebbe causarle qualche fastidio legale con le concessionarie.
Non dovrebbero però essere i gestori dei locali a rimediare a quella che è ormai una piaga sociale (solo in Lombardia negli ultimi dieci mesi le 60 mila slot hanno bruciato 10 dei 60 miliardi inghiottiti in Italia dal gioco d'azzardo), ma toccherebbe invece alle Istituzioni. Il problema, però, è che lo Stato ricava dal gioco 12,5 miliardi l'anno, e sarà quindi difficile vedere delle iniziative concrete, a iniziare dal divieto di mettere in onda spot che invitano a giocare, dal poker online alle diverse lotterie.