Con grande soddisfazione apprendiamo che l'Università dell'Insubria di Varese e Como ha ricevuto una valutazione positiva, per i suoi standard qualitativi, dal Ministero della Pubblica Istruzione. Primi della classifica, Trento e i Politecnici di Milano e Torino. E come premio, un incremento dei fondi. Per la prima volta, infatti, in Italia viene applicato un criterio di qualità nella distribuzione dei fondi: gli atenei giudicati con i migliori standard qualitativi otterranno quindi più fondi, mentre chi rimane al di sotto di questi standard verrà penalizzato con dei tagli.
Una regola meritocratica, che dovrebbe essere apprezzata, ma che lascia anche qualche dubbio. Innanzitutto, tra le Università "bocciate", tante sono del Sud Italia (che pure dovrebbero essere gradite dal ministro Gelmini) e, tra l'altro, di zone "depresse" economicamente. E uno dei parametri richiesti per la valutazione è la capacità di autofinanziarsi: obiettivo da raggiungere con il reperimento di fondi sociali europei, ma anche tramite investimenti di aziende private. Ovvio, quindi, che le zone industrializzate siano quelle più avvantaggiate.
E non è un caso che gli atenei meglio piazzati in classifica siano, sulla carta, anche quelli con maggiori disponibilità economiche: e questo vorrebbe dire che chi già sta male, così potrebbe peggiorare.
Insomma, un provvedimento basato su concetti condivisi, ma da rivedere nella sua applicazione. Così come sono da rivedere (visto che parliamo di scuola) i toni trionfalistici di Maria Stella Gelmini, che non si era risparmiata in lodi per il suo Ministero in base ai primi dati parziali relativi alle bocciature (come fosse una nota di merito avere studenti somari...). Ebbene, comunque sia, i dati ufficiali pare che invece tendano ad una diminuzione dei respinti. Chissà, forse la scuola della Gelmini non è poi così tanto rigorosa...
E a proposito di rigore, vogliamo fare i complimenti a Renzo Bossi, che al quarto tentativo è riuscito a superare l'esame di maturità: papà Umberto questa estate sarà più sereno ed orgoglioso del suo erede.
Invece non ce l'ha fatta l'Università Bocconi a tenere qui in Italia un "cervello" che avrebbe sicuramente portato vantaggi alla nostra ricerca: grazie alle leggi demenziali ed alla burocrazia che schiacciano il nostro Paese. In questi casi, invece, il rigore viene applicato al massimo.