30 anni fa moriva Giorgio Ambrosoli (nella foto), assassinato su ordine del banchiere Michele Sindona.
Qualcuno l'ha definito un eroe: ma l'avvocato Ambrosoli era una persona normalissima, che non ha fatto altro che comportarsi da uomo onesto. Ma forse, di questi tempi, deve essere proprio un'eccezione.
Giorgio Ambrosoli pagò con la vita il rifiuto di piegarsi e farsi corrompere, non cedendo né a tentativi di corruzione, né a minacce.
Incaricato dalla Banca d'Italia di liquidare l'istituto bancario appartenente a Sindona, Ambrosoli scoprì gravi irregolarità e numerose falsità nelle attività del banchiere.
Gli fu chiesto di firmare un piano che avrebbe salvato la Banca di Sindona, i cui debiti però sarebbero stati pagati dalla collettività, da noi cittadini: se ci mettiamo anche il fatto che Sindona era affiliato alla P2 di Licio Gelli, questa vicenda ne ricorda una accaduta di recente.
Giorgio Ambrosoli comunque non cedette, e rimase solo, abbandonato dalle istituzioni e dallo Stato, e cadde perché nessuno rimase al suo fianco: una storia che si ripete piuttosto di frequente qui in Italia.
In questi giorni è stato pubblicato il libro "Qualunque cosa succeda" di Umberto Ambrosoli, che, ricordando il padre, ha voluto affermare i valori dell'onestà, dell'assunzione di responsabilità, dell'adempimento del dovere; della necessità di non tradire mai la propria coscienza.
Una strada da seguire, perché Giorgio Ambrosoli non sia morto invano. Anche se, come afferma suo figlio Umberto, in 30 anni è cambiato davvero poco. Anzi...