Ci hanno detto che il governissimo è stata una scelta necessaria per fare fronte alle emergenze economiche e sociali del Paese. Intanto sono ormai 10 giorni che la discussione si è bloccata sull'abolizione dell'Imu, e sulla restituzione delle sue quote versate lo scorso anno. Questo perché il Pdl ne ha fatto un cavallo di battaglia elettorale e quindi vuole mantenere la sua promessa, a scapito delle nostre tasche. Perché l'Imu consente ai comuni di garantire i servizi primari, ed è fuori luogo dire che è una tassa odiosa: è semmai la tassa più equa, perché va a colpire l'effettiva ricchezza accumulata. Certo, va corretta: alzando le esenzioni, calcolando nelle detrazioni il quoziente familiare, abbassando l'aliquota sulla prima casa e sugli immobili produttivi e aumentando invece quelle su seconde e terze case (soprattutto quelle di lusso), rimodulando il valore degli immobili tra quello calcolato al catasto e quello effettivo del mercato. Oltretutto la sua abolizione andrebbe a favorire i più abbienti, ovvero chi ha meno difficoltà a pagare. Evitiamo quindi di romperci la testa su dove e come reperire le coperture per accontentare Berlusconi (che al limite può farlo di tasca sua, come aveva promesso), e anche di inventare nuove imposte con formule che rischiano poi di penalizzare sempre i soliti. Piuttosto, le priorità sono ben altre: «ridurre le tasse sul lavoro è più importante che ridurre l’Imu», come sottolinea l'Ocse nel suo rapporto sulla situazione dell’economia italiana nel 2013, e come è scritto anche nel programma del PD.