"Dal 2001 a oggi, gli stabilimenti sono più che raddoppiati, passando da 5.368 a circa 12 mila, fino a occupare 900 chilometri di costa: un quarto di quella adatta alla balneazione, su un totale di ottomila chilometri. In pratica, uno ogni 350 metri, per un'estensione complessiva che arriva a 18 milioni di metri quadrati. A fronte di oneri concessori nell'ordine dei 130 milioni di euro all'anno a favore dell'erario, il fatturato di questa "industria delle spiagge" varia dai 2,5 miliardi dichiarati dai gestori (i contribuenti italiani più "poveri", con una media di 13.600 euro a testa) ad almeno uno di più stimato dalla Guardia di Finanza, per raggiungere i 6-8 ipotizzati da alcuni esponenti ambientalisti". E' questa la situazione oggi in Italia delle spiagge private, su cui il governo dovrebbe intervenire, se non in nome dell'equità almeno in quello del bene pubblico e delle risorse da recuperare: perché la concessione di una spiagia a un privato dura mezzo secolo, e il profitto che quest'ultimo ne trae è 300 volte superiore alla spesa del canone demaniale.