Solo in Italia può succedere che cittadini stranieri, ma domiciliati qui, possano essere "sequestrati" in gran segreto dalle autorità di sicurezza e rispediti nel Paese di provenienza, dove si pratica abitualmente la tortura.
Solo in Italia può accadere che questi cittadini siano rispettivamente la moglie e la figlia minorenne di un noto dissidente del Kazakistan, rimpatriati a forza con il pretesto di un passaporto falso per fare un "favore" a un premier "amico" come Nazarbayev, con il quale si fa business ma del quale si parla come di un dittatore violento e senza scrupoli.
Solo in Italia può avvenire che un simile strappo alle regole dei codici nazionali e internazionali sia scaricato, tutto intero, sulle spalle dei funzionari della pubblica amministrazione, mentre i ministri del governo della Repubblica si lavano serenamente le mani e le coscienze. Perché questo è, alla fine, il comunicato con il quale Palazzo Chigi prova a chiudere l'oscuro caso Ablyazov-Shalabayeva: un atto di viltà politica e di inciviltà giuridica, che invece di ridimensionare lo scandalo, lo ingigantisce.
Così Massimo Giannini su "Repubblica", ma anche altri giornali riportano con gli stessi toni di sdegno e stupore di come possa essersi sviluppata una vicenda simile. E del fatto che TUTTI i ministri dei dicasteri coinvolti (Esteri, Giustizia ma soprattutto Interno) dichiarino di esserne stati all'oscuro. Però la notizia era circolata subito (più di un mese fa), anche per via delle proteste UFFICIALI dei legali della mogli del dissidente kazako. Ma solo ADESSO che è diventata pubblica e si prevedono le solite figuracce internazionali (leggasi: tirate di orecchi da organi competenti), si cerca di rimediare. Ma ormai i buoi, anzi i dissidenti, sono fuori dal recinto, e riportarli a casa non sarà facile (se non impossibile). E anche l'indignarsi (o fare finta) del premier servirà poco: a fare scena, facendo magari saltare la testa di qualche oscuro funzionario, che magari ha solo obbedito agli ordini che arrivavano dall'alto. Ma lì, su in alto, non ci si arriverà mai: siamo in Italia, anzi in Kazakitalistan.
In ogni caso, siamo passati da pressioni sulle forze di polizia per rimettere in libertà supposte nipoti di presidenti egiziani a pressioni per negare la libertà a parenti di dissidenti stranieri per fare favori a dittatori amici. E il filo conduttore (magari del telefono da cui è partita la richiesta) chissà perché sembra essere sempre lo stesso.