A mio parere, più o meno è questo che esce dalla sintesi della riforma del lavoro proposta da Renzi e approvata in Direzione Nazionale. Abolire l'articolo 18 (che già due anni fa è stato ridotto ai minimi termini, e non mi sembra che la cosa abbia prodotto occupazione) alla fine sarà un errore (e non è un discorso di destra o di sinistra, ma di buon senso). E davvero non si comprende come si vuole sviluppare il lavoro favorendo la facoltà di licenziare in un momento storico in cui la disoccupazione è al massimo: l'unico risultato sarà quello di alimentare l'incertezza nel futuro, giocando nel contempo al ribasso sul compenso del lavoro. C'è chi dice che così ci allineiamo all'Europa, visto che opzioni come l'obbligo di reintegro contenute nello Statuto dei Lavoratori è un'anomalia solo italiana: invece non è così. E se in alcuni Paesi il reintegro, pur essendo previsto, non viene applicato, teniamo conto che in questi Paesi l'indennizzo con cui un'azienda è sanzionata a risarcire il lavoratore può arrivare anche a cifre di milioni, se viene constatato dai giudici un danno morale e materiale: di questo siamo consapevoli, tenendo conto che le imprese (in particolare le piccole) già tremano per il ventilato anticipo del Tfr in busta paga? Oppure, qui non ci si allinea? In tal caso, smettiamola di parlare di Europa e prendiamo come riferimento la Cina. Intanto si annunciano rincari sulle bollette energetiche: un altro bagno di sangue per le aziende. Ma tanto adesso per loro sarà più semplice licenziare e usare i soldi destinati agli stipendi per pagare luce e gas. Su questo, che è uno dei veri ostacoli che tiene lontano investimenti stranieri, però soprassediamo.